L’esordio avviene nel 1991 con Specie di spazi, un’iniziativa a cura di
Rita Selvaggio. Agli artisti chiamati a operare a Peccioli, Vittorio
Messina, Vittorio Corsini e Hidetoshi Nagasawa, è stato chiesto di tener
conto dell’impatto sociale dell’operazione, confrontarsi con i luoghi e
i paesaggi, per creare opere coerenti con il contesto. L’artista è una
figura che non crea indipendentemente dal luogo finale in cui il suo
lavoro verrà collocato e dai fruitori. Il cittadino diventa fonte che
ispira il lavoro artistico e soggetto attivo di apprendimento del
contenuto.
Per la curatrice “Sta qui il contributo più cruciale e
innovativo degli interventi di Peccioli. Per riepilogare, fino oggi
l’arte e le città si sono incontrate poco, e quando è accaduto si è
trattato spesso di rapporti esteriori rispetto al contesto urbano
vissuto. Le amministrazioni talvolta sponsorizzano mostre e investono in
arte, curano molti loro prodotti ed oggetti, e scelgono prestigiose ed
amene sedi di rappresentanza. Ma queste scelte vengono effettuate in
modo casuale e indifferente quanto l’effetto di tale dimensione estetica
sulla vita e sull’identità della città. L’idea proposta e sperimentata a
Peccioli, è quella di accostare l’arte non solo alla dimensione
“esterna” della città ma anche a quella “interna”, analizzando l’effetto
che l’arte può avere sulla vita quotidiana dei cittadini. L’arte dentro
la vita e la storia dei cittadini, dunque… Sul piano metodologico
quello di Peccioli appare un intervento importante poiché ci obbliga a
modificare il modo di pensare lo sviluppo sociale e culturale…”.